Il progetto su Orsola Benincasa è la contribuzione di Minou Schraven (Amsterdam University College) alla mostra finale della Real Académia de España en Roma. Durante la sua residenza alla RAER (2025-2026), Minou ha lavorato sulla contribuzione di alcune “sante vive” alla spiritualità cattolica post-tridentina, tra cui Orsola Benincasa.
Orsola Benincasa (Napoli, 1550-1618) fu una cosiddetta "santa viva." Bastava vedere il SS. Sacramento, o sentire un sermone, e andava in estasi. Mentre il suo corpo fosse rigido e privo di sensi, con lo spirito conversava con Cristo e i santi. Per questi suoi contatti privilegiati con il mondo celeste, a Napoli tutti la cercarono per ottenere una grazia, un consiglio, o anche un frammento dei suoi vestiti.
Molto giovane, Orsola si ritirò in un eremo al Monte Elmo: allora una zona selvaggia e solitaria. Lì poteva vivere le sue estasi in pieno: ballando, predicando e cantando, con la sua voce che a volte suonava come un vero organo.
In una visione del 1581, la Vergine istruì Orsola di costruire sul Monte Elmo una chiesa dedicata alla Immacolata Concezione. Orsola stessa pose la prima pietra: atto inedito per una donna. Fu l'inizio di una vera cittadella monastica, ora sede dell'Università degli Studi di Suor Orsola Benincasa.
Un anno dopo, la Vergine le dà l'incarico di andare a Roma per incontrarsi con il Papa. Gli deve dire che il mondo cristiano deve pentirsi con processioni e digiuni, altrimenti il castigo di Dio sarà terribile. A Roma, Orsola è ricevuta con diffidenza. Le sue estasi sono forse opera del diavolo? Che cosa ne diranno poi i protestanti, se il Papa ascolterà una donna mistica? Il rischio è davvero grande, e perciò Papa Gregorio XIII convoca una commissione di uomini della Chiesa, tra cui Filippo Neri (m. 1595) a San Girolamo della Carità e alcuni esorcisti.
Per sette lunghi mesi, questi uomini sottometteranno Orsola a esorcismi e abusi fisici e mentali. Alla fine, si fanno convincere della sincerità di Orsola. Le viene permesso di tornare al suo Monte a Napoli. Li, fonderà due ordini religiose femminili; due anni dopo il suo ritorno da Roma, quelle delle Oblate (con voti semplici), e nel 1617, un anno prima di morire, quelle delle Romite (con voti solenni: queste 33 monache vivranno in clausura).
Varie biografie di Orsola Benincasa riportano l'episodio romano, spesso in modo non-cronologico e confuso, e senza dare i nomi delle persone coinvolte. Ricercando in archivi, ho potuto ricostruire le tappe del percorso romano di Orsola, identificando le chiese e le case dove è stata sottomessa a esorcismi e abusi. Questi posti sono adesso indicati sulla pianta monumentale di Antonio Tempesta, la cui prima versione è stampata per la prima volta nel 1593: solo pochi anni dopo il "soggiorno" di Orsola.
La Roma del 1582 è una città di circa 100.000 abitanti, ed è in rapida espansione. Per il Giubileo del 1575, sono state costruite nuove strade, ospedali, e un nuovo ponte con il nome di S. Maria (ora il Ponte Rotto). I nuovi ordini religiosi della Controriforma, come i Gesuiti, gli Oratoriani e le Carmelitane scalze, costruiscono chiese, monasteri e ospizi. Intanto, le famiglie aristocratiche e le rappresentanze straniere fanno a gara con le loro committenze di magnificenza. La Roma che visita Orsola è Roma sacra, con le sue processioni alle basiliche e tombe di santi, e un Teatro del Mondo, la capitale del mondo cattolico.
Orsola non viaggia da sola: viene accompagnato dalla sorella Cristina, due nipoti, una gentildonna tedesca, e altri devoti. Porta con sé lettere di introduzione, scritte dall'arcivescovo di Napoli e dal suo confessore. Una di queste lettere è per i Padri spagnoli della Mercede: un nuovo ordine religioso che si è stabilita solo da poco a Roma. Grazie a loro, Orsola e i suoi compagni trovano alloggio in una casa in Piazza di Pietra. È il 3 di maggio: la festa dell'invenzione della SS. Croce.
Piazza di Pietra deriva il nome dalla presenza dei ruderi del Tempio di Adriano, fatto costruire da suo figlio adottivo Antonio Pio nel 145 DC. Del tempio rimane il colonnato del lato lungo, con 11 colonne alti 15 metri. Nel 1581, Fra Pietro Soriano aveva fondato nelle ruderi di questo tempio un ospedale per i più poveri di Roma. Questo ospedale dei Fatebenefratelli si sposterà poi all'Isola Tiberina; nel 1692 l'edificio diventa sede della Dogana della Terra.
Orsola attende messa nella Chiesa di SS. Seconda e Rufina in Trastevere, sempre dei Padri della Mercede. Durante la messa, Orsola va in estasi, attraendo molta attenzione.
La chiesa di SS. Seconda e Rufina sarebbe costruita sopra la casa di queste due sorelle martiri, figlie di un senatore romano e uccise nel 259. La chiesa viene menzionata in una bolla del secolo XII, e il campanile è di questo secolo. Nel 1569 la chiesa (alquanto ruinosa) viene data ai padri spagnoli della Mercede: è il loro primo approdo a Roma. Ora ci risiedono suore dell'ordine della Carità dell'Immacolata Concezione di Ivrea.
Durante le sue estasi, Orsola sarebbe diventata "immobile come una statua." Il suo corpo era talmente rigido, che fu praticamente impossibile di farla cambiare posizione. Allo stesso tempo, "stava fuori i sensi:" fu insensibile a stimoli o dolori inflitti con aghi; non sbatteva gli occhi quando si teneva una candela ardente troppo vicino al viso.
Il termine medico è catalessia: documentato per chi soffre di schizofrenia o epilessia, o ha subito un acuto shock emotivo. La catalessia volontaria, o auto-catalessi, è stata documentata per mistici, sciamani, e altre persone abili di varcare oltre i limiti del mondo come lo conosciamo.
Mentre aspettano un invito del papa Gregorio XIII, Orsola e i suoi compagni vanno in pellegrinaggio delle Sette Chiese di Roma per pregare alle tombe dei martiri. Questo pellegrinaggio alle sette basiliche paleocristiane, ideato da Filippo Neri e i suoi seguaci, diventa d'obbligo assoluto dal Giubileo del 1575 in poi. Di solito si fa il percorso in due giorni.
Orsola e i suoi compagni visitano per primo San Pietro in Vaticano, dove Orsola si fa spiegare tutti i luoghi sacri e le reliquie. Va in una estasi che dura due ore.
In quegli anni, San Pietro è il cantiere più grande di Roma. Sulla pianta del Tempesta si vede bene la trasformazione dalla vecchia basilica constantiana alla nuova che conosciamo oggi. Si vedono due cupole: il cupolone di Michelangelo, compiuto nel 1590; e quella più modesta (sempre 42 metri in altezza) è quella della Cappella Gregoriana, un progretto molto caro a Gregorio XIII. Quando Orsola visita San Pietro nel 1582, solo la cupola della Gregoriana è finita: del Cupolone grande si vede solo il tamburo.
In carrozza, Orsola e i suoi compagni vanno poi a San Paolo fuori le Mura (non inclusa sulla Pianta del Tempesta ); e a San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Orsola è commossa fino alle lacrime quando vede la Scala Santa: una delle più importanti reliquie della Passione di Cristo.
Secondo la pia tradizione, la scala santa è quella del palazzo di Pilato in Gerusalemme, che Cristo stesso avrebbe percorso mentre sanguinava dopo essere stato flagellato. La madre di Costantino, Elena, la avrebbe trasportata a Roma nel IV secolo. Nella pianta di Tempesta, la Scala Santa ha già trovato la sua attuale sistemazione nell'edificio costruito da Domenico Fontana. Nel 1582, quando la vede Orsola, la scala è ancora incorporato dentro il palazzo papale medievale, il Patriarchium Lateranense [image].
Orsola e i suoi compagni proseguono a S. Croce in Gerusalemme, per poi andare a S. Prassede, presso S. Maria Maggiore. A S. Prassede, Orsola vede un'altra preziosa reliquia della Passione: la colonna a cui Cristo sarebbe stato legato per la flagellazione.
Orsola si commuove così tanto, che è impossibile proseguire il pellegrinaggio a S. Maria Maggiore: il gruppo fa quindi ritorno alla casa in Piazza di Pietra.
Il giorno dopo, invece di fare la seconda parte del pellegrinaggio, Orsola va in udienza papale a Frascati, dove papa Gregorio XIII la riceve in Villa Mondragone. Durante la udienza, Orsola sarebbe andata in estasi ben tre volte. Per convincersi della sincerità di queste estasi, il Papa incarica Cardinal Sanseverina (Giulio Antonio Santorio), di istituire una commissione di uomini della chiesa esperti nell'esorcismo. Per sette mesi, Orsola verrà sottomessa a delle prove durissime.
Due volte alla settimana, la commissione si raduna nel palazzo di Cardinal Sanseverina per investigare le estasi di Orsola. Sono davvero di origine divina, o forse c'è in mezzo il Diavolo? Per sette mesi, gli uomini della Chiesa faranno di tutto per “discernere lo spirito” di Orsola.
Durante le sedute la insultano, chiamandola "donna villanella, piena di superbia e arroganza, spiritata et inventrice di falsità" "venuta a Roma per ingannare il papa," "donna indemoniata." La minacciano con la frusta e con il rogo.
Quando Orsola poi va in estasi e diventa rigida come una statua, i padri provano di tutto per farla rinvenire. Alcuni la pungono con aghi e le strappano i capelli, altri le torciono le braccia e cercano di travolgerla. Le tengono anche una candela ardente davanti agli occhi, ma Orsola non sbatte le ciglia.
Almeno nelle fonti scritte, Orsola rimane sempre passiva e sottomessa. Dopo le sessioni, bacia i piedi dei padri, ringraziandloli per fare il loro dovere verso una "scellerata peccatrice, meritevole di starsene sempre in una grotta a piangere i propri peccati."
In questo periodo, Cardinal Sanseverina è il primo a cedere. Assistito da sei ministri, sottemette Orsola a una sessione di esorcismo nella cappella privata nel suo palazzo. Con il manuale degli esorcismi in mano, domanda di sapere il nome dello spirito che ha preso possesso di Orsola. Si convince della sincerità di Orsola, e dell'origine divina delle sue estasi.
Segue un'altra violenta sessione, in cui i padri confrontano Orsola con crocefissi e reliquie: oggetti che farebbero scattare rabbia nel Diavolo. Orsola invece rimane incantata, baciando e abbracciando gli oggetti sacri. Ora, anche Francesco Maria Tarugi si dichiara convinto della sincerità di Orsola.
Mentre la "Santella Napoletana" sta a Rome, attrae un seguito sempre più grande di devoti: ormai Orsola non si può soltanto spostare in Roma se non in una carrozza ad alta velocità. Per poter continuare le loro indagini senza alimentare la devozione popolare a Orsola, i padri della commissione decidono di isolare Orsola in confinamento. In notte fonda, viene portata blindata alla Chiesa di S. Michele Arcangelo alla Scala: l'attuale SS. Michele e Magno, vicina alla colonnata di San Pietro.
Situata alquanto in alto su una estremità del Gianicolo, la chiesa di SS. Michele e Magno ha delle origini molto antiche. Nei tempi del Carlomagno, qui fu la schola Frisorum: l'approdo per tutti quelli provenienti dai Paesi Bassi, con una piccola chiesa dedicata a S. Michele. Quella chiesetta non c'è più: la chiesa attuale risale al secolo XII, anche se ora si vede ben poco di quelle origine medievali. Nel tempo di Orsola, la
Cardinal Sanseverina affida Orsola "al custode" di questa Chiesa, "un prete spagnolo benestante, che ci vive con sua nipote". Questo prete è da identificare con Cristobál Cabrera (1513-1598), che dal 1555 vive a Roma con sua nipote Elisabetta e una donna vedova.
Filippo Neri viene ogni giorno a S. Michele Arcangelo per esaminare e esorcizzare Orsola. Raccomanda i custodi di non lasciare Orsola mai senza supervisione. Anche Cristobál Cabrera prova varie volte ad esorcizzare Orsola, senza però mai trovare qualcosa di diabolico in Orsola.
Al contrario, i Cabrera le si affezionano sempre più, chiamandola "l'angioletto," perchè Orsola canta giorno e notte al SS. Sacramento esposto sull'altare della Chiesa.
Determinato di portare la sua indagine avanti, Filippo Neri trasferisce Orsola di nuovo, questa volta alla casa delle sorelle Antonina e Cassandra Raide, figlie spirituali di Filippo Neri. Vivono una vita di disciplina e austerità in un vicolo accanto a S. Maria della Vallicella, o Chiesa Nuova: la chiesa degli Oratoriani.
Filippo Neri istruisce le sorelle di abusare Orsola verbalmente e fisicamente, soprattutto nei momenti in che va in estasi. Spogliano Orsola per vedere se non porta qualche breve o amuletto magico sul corpo: trovano solo un rosario. Le radono i capelli e peli e la mettono in un bagno con delle erbe benedette. Continuano gli esami, questa volta anche da medici per investigare una possibile causa medica, non soprannaturale, delle estasi. I medici prescrivono medicine per farla vomitare e farle venire convulsioni. Viene uno speziale per fabbricare sul posto una concozione talmente vile, che rischia di ammorbidire la intera città, se Orsola non riesce a finirla tutta. Dopo che Filippo Neri abbia benedetto il veleno, Orsola la beve tutta e entra subito in un'estasi molto più lunga del solito.
In un ultimo tentativo di strappare Orsola dalle estasi, Filippo Neri depriva Orsola di ogni contatto con il SS. Sacramento, la S. Messa o qualsiasi altra forma di devozione. Le proibisce perfino di cantare. Orsola accetta tutto, ma la sua saluta va ora di male in peggio. Quando sta per morire, le viene infine permesso di comunicarsi. Al suono del campanello, ritorna ai sensi e dopo la comunione è completamente risanata. Un miracolo.
Finalmente, Cristo appare in visione a Filippo Neri, assicurandogli che sua sposa Orsola è sempre stata sincera. Solo adesso, Filippo Neri è convinto e il supplizio finisce. Proprio in quel momento, Orsola emette un grido talmente forte e terribile, da far scappare tutti i padri presenti fuori: un urlo da vero sfogo dopo mesi di abusi.
A Orsola viene permesso di tornare al suo Monte Elmo a Napoli. Il giorno della partenza, Filippo Neri si scusa con Orsola per averla fatta soffrire. Lei perdona tutto al padre, alla fine ha solo fatto il suo dovere. I due si scambiano regali: Filippo le dà il suo berretto, Orsola gli dà un suo rosario. Al Palazzo Vaticano, Orsola riceve la benedizione del papa e ritorna a Napoli.
La fonte principale per la ricostruzione del soggiorno romano di Orsola Benincasa sono i dieci capitoli (12-22) della sua Vita, scritta dal padre teatino Giovanni Battista Bagatta e pubblicata a Venezia nel 1671.
Ho anche usato la Vita della Venerabil Madre Orsola Benincasa napoletana, originaria da Siena di Francesco Maria Maggio (Roma, 1655). In più, nell'Archivio Storico dell'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli si trova un manoscritto di sei fogli: "Parole della Madre Sor Ursula dette a me, suo confessore" (Lorenzo Santacroce). Racconta in prima persona gli eventi del 1582 a Roma, senza seguire un ordine cronologico e scambiando o ommettendo alcuni nomi.
SOB, Archivio Storico, 298/E, fols 130-136, trascritto in Vittoria Fiorelli, Una santa della città. Suor Orsola Benincasa e la devozione napoletana tra Cinque e Seicento (Napoli, 2001), pp. 223-235